Ascoltere sempre la stessa canzone, avere voglia di parole banali, frasi già dette e sentite, di non pensare, di non capire, di non domandare per avere ancora un senso.
Aspettare che tanto ora fuori c'è sole che la primavera non è solo un'idea.
Che ripensi alla tua vita come se avessi già quasi cento anni e invece ancora no.
E ogni giorno che è passato e ha cambiato un po' il tuo modo d'inlicanare la testa e di guardare davanti e di spostare tutto dopo i tetti delle case, verso il cielo.
E pensi agli amici che hai perso, agli occhi che non incrocerai mai più, agli odori che prima o poi diventeranno e torneranno sconosciuti.
E un giorno in auto con il caldo sui vetri e l'odore di plastica e cloro sulla pelle e gli alberi in fiore che fanno odore e un caffé sul lungomare di Ostia e Lisbona che ti aspetta all'alba e Roma al tramonto e le notti a Parigi e la pioggia a Bologna.
E tua nonna che prepara il sugo e poi hai vent'anni ed è l'estate più calda del secolo, almeno dicono così, è ci sono i sandali e il lavoro nella colonia estiva e trecento bambini in tre mesi che arrivano da te e tu che urli con loro e ridi con loro e pensi che il futuro non farà mai più paura.
E fai la doccia veloce e i vestiti sono leggeri e quando tornerai mangerai un gelato da Martina e la vita inzia e finisce tutta nei gesti di una giornata, nel piccolo, nel vivere il futuro perché è già nel presente e non devi volerlo e pensarlo e convincerlo a somigliarti perché è lì tutto confuso nell'oggi, senza domani.
Salire le scale di notte dopo il lavoro con il gatto che ti aspetta sul tetto e tornare a casa insieme dopo una cena al cinese con il cane che fa le feste e io che torno su da Modo un lunedì notte e faccio le scale correndo e tutte le case si confondono e tutti i luoghi sono uno e sento lo stesso fiato che manca e io che trattengo il respiro per qualche secondo e poi lo mollo giù che finalmente lo so che sono felice.
Oggi io penso a quel momento là, quando trattengo il fiato.